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Boffa, Torricelli, Bernardazzi : Tre architetti luganesi all’origine dell’identità architettonica di Odessa

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Francesco Boffa (1796-1867), Giorgio Torricelli (1796-1843) e Aleksandr Bernardazzi (1831-1907) sono tre architetti originari del distretto di Lugano, che hanno operato a Odessa nelle due fasi cruciali della costruzione della città, durante le quali il centro urbano assume la sua attuale fisionomia. Se i primi due operano nel primo terzo del XIX secolo – quando prendono corpo l’impianto urbanistico e la fisionomia classicista della città –, il terzo è attivo tra le fine del XIX e i primi anni del XX secolo, quando Odessa rafforza il suo ruolo di porto commerciale. La quantità e la portata delle opere realizzate da questi tre architetti è tale da strutturare ancora oggi il paesaggio urbano: quello stesso paesaggio che è valso alla città la recentissima inclusione nel patrimonio mondiale UNESCO.
Secondo Audrey Azoulay, Direttrice generale di questa istituzione, “Il centro della città portuale di Odessa, crogiolo di scambi e migrazioni, è stato costruito attraverso molteplici influenze, recando con sé un patrimonio e una storia che hanno una risonanza mondiale e costituiscono un simbolo potente”. Lo studio intende ricostruire integralmente per la prima volta le traiettorie biografiche di Boffa e Torricelli, tra Svizzera, Italia e Ucraina, la storia familiare e sociale dei tre architetti, le tappe della loro formazione, le loro carriere, che a Odessa trovarono il proprio apice, andando a colmare le attuali lacune storiografiche soprattutto per quanto attiene la relazione con la loro cultura di provenienza. I risultati della ricerca saranno pubblicati sulla piattaforma on-line “Architetti ticinesi in Ucraina” che è stata avviata dall’Archivio del Moderno, sotto l’egida della presidenza della Confederazione svizzera, in occasione della Ucraine Recovery Conference organizzata nel luglio 2022 a Lugano.

Direttore di ricerca
Nicola Navone, Archivio del Moderno, Università della Svizzera italiana


Ricercatore
Guillaume Nicoud

Con il sostegno di
Fondazione Ferdinando e Laura Pica-Alfieri, Lugano
Fondazione Archivio del Moderno, Balerna


I cantieri in Europa nel Cinquecento: architettura e decorazione

[rDomenico Fontana, palazzo Nuovo in Vaticano, Romaicerca]
Progetto di ricerca promosso dall'Archivio del Moderno-USI, dalla Bibliotheca Hertziana-Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte, e dal Dipartimento di Studi umanistici-Università di Roma 3 (responsabili: Letizia Tedeschi, Tristan Weddigen e Silvia Ginzburg) intende proseguire, in un più ampio contesto, gli studi avviati dall’Archivio del Moderno in occasione dei progetti di FNS Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica: L’impresa Fontana tra XVI e XVII secolo: modalità operative, tecniche e ruolo delle maestranze e Le «invenzioni di tante opere». Domenico Fontana (1543-1607) e i suoi cantieri.

Direttore di ricerca
Letizia Tedeschi, Archivio del Moderno, Università della Svizzera italiana
Co-direttori
Silvia Ginzburg, Dipartimento di Studi umanistici-Università di Roma 3
Tristan Weddigen, Bibliotheca Hertziana-Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte, Roma
Ricercatore
Giulia Spoltore

Partners del progetto
Académie de France-Villa Médicis, Rome
Bibliotheca Hertziana-Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte, Roma
Château de Fontainebleau
Dipartimento di Studi umanistici-Università di Roma 3
Musei Vaticani, Città del Vaticano
Comitato scientifico
Oriane Beaufils, Anaïs Dorey, Barbara Jatta, Silvia Ginzburg, Serena Quagliaroli, Vittoria Romani, Giulia Spoltore, Letizia Tedeschi, Tristan Weddigen, Vitale Zanchettin.



SPAZIDENTITÀ. Spazialità materiale e immateriale dell’italianità dalla Repubblica Cisalpina al fascismo: territori, città, architetture, musei

Domenico Fontana, palazzo Nuovo in Vaticano, Roma

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Progetto di ricerca promosso dall’Archivio del Moderno dell’USI nell’ambito dei “Programmes structurants d’une durée de 5 ans en partenariat avec l’École française de Rome, période 2022-2026. Axe Thématique Création, patrimoine, mémoire”. Il progetto, che vede il coinvolgimento di storici del pensiero politico e della cultura, del diritto, dell’architettura e dell’arte, s’incentra sull’affermazione progressiva di una spazialità materiale e immateriale di una identità italiana nell’arco temporale tra la nascita della Repubblica Cisalpina e la fine del fascismo, con particolare attenzione al periodo delle Restaurazioni. Si sono selezionati case studies: Milano, Torino, Firenze, Roma, Napoli, Palermo, Trieste e spazi di “frontiera” come il Cantone Ticino, la Dalmazia, il confine alpino nord-orientale e il Mediterraneo meridionale. Funzionerà come laboratorio transdisciplinare e transnazionale aperto a futuri sviluppi nel proporre, attraverso questa casistica, lo studio: 1) di una spazialità materiale riferibile a terre di frontiera, luoghi urbani, architetture, monumenti, musei, raccolte civiche e patrie, collezioni private aperte al pubblico, esposizioni; 2) di una spazialità immateriale creata dalle narrazioni, dai dibattiti culturali, politici e dalle pratiche sociali.    
                                                                                                                                                                                                                                  
Direttore di ricerca                                                                                                                                                                                     
Letizia Letizia Tedeschi, Università della Svizzera italiana, Archivio del Moderno
Co-direttori del progetto
Catherine Brice, Université Paris-Est Créteil, CRHEC
Maria Beatrice Failla, Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Studi Storici
 
Coordinatore team Storia della Museologia
Maria Beatrice Failla, Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Studi Storici
Coordinatore team Storia
Catherine Brice, Université Paris-Est Créteil, CRHEC
Coordinatore team Storia dell’architettura

Annalisa Viati Navone, USI, Archivio del Moderno e LéaV, Laboratoire de recherche de l’école national supérieure d’architecture de Versailles (Université Paris-Saclay)
Coordinatore team Storia del Pensiero politico
Fernanda Gallo, University of Cambridge-Faculty of History
Coordinatore team Storia del diritto
Michele Luminati, Università di Lucerna-Lucernaiuris-Institute for Interdisciplinary Legal Studies


Interazioni in architettura tra Svizzera e Italia. Lugano come crocevia e laboratorio (1943-1960)

[rInterazioni architettoniche Svizzera Italia - Bill+Rogersicerca]

L’emanazione nel 1938 delle Leggi razziali da parte del regime fascista, lo scoppio della Seconda guerra mondiale e, infine, le conseguenze dell’armistizio dell’8 settembre 1943, segnano uno spartiacque nelle interazioni fra Italia e Svizzera nell’ambito dell’architettura: pur nella drammaticità del momento, il riparo nella confederazione dà infatti la possibilità agli architetti e agli ingegneri italiani di continuare quell’attività professionale e didattica forzatamente interrotta e di intraprendere quel percorso che traccerà un solco assai profondo nella storia dei proficui rapporti tra la Svizzera e l’Italia, su cui non esiste alcuno studio comprensivo. Lugano, in queste vicende, ha svolto un ruolo di crocevia e laboratorio: crocevia per aver accolto in prima istanza buona parte degli architetti e degli ingegneri che avevano trovato riparo in Svizzera durante le vicende belliche; laboratorio perché, a partire soprattutto dal secondo dopoguerra, è luogo di elaborazione (e di messa alla prova) di un’architettura di respiro europeo, permeata dalla cultura italiana e al contempo dalla temperie d’Oltralpe. Attraverso la ricostruzione della rete di relazioni stabilita dai protagonisti di quella stagione (considerata cioè nella sua più ampia estensione, comprendendo, oltre agli architetti, gli ingegneri, i committenti, gli artisti, gli intellettuali), e l’analisi degli altri vettori di questo scambio (come la circolazione di volumi e periodici sui due versanti; l’organizzazione di eventi espositivi, la partecipazione a convegni, giornate di studio, seminari, conferenze pubbliche; la partecipazione a trasmissioni radiofoniche e televisive, ecc.) e l’analisi delle opere, realizzate nel distretto di Lugano, che ne sono l’esito, il progetto intende ricostruire una pagina della nostra storia (non soltanto architettonica) non ancora sufficientemente indagata.

La ricerca, finanziata dalla Fondazione Ferdinando e Laura Pica-Alfieri, s’inserisce nel quadro del progetto “L’architettura fra Svizzera e Italia: scambi e interazioni, 1943-1960”, promosso dall’Archivio del Moderno, di cui costituisce il primo atto.

Responsabile del progetto
Nicola Navone, Archivio del Moderno, USI

Ricercatore del progetto
Matteo Iannello, Archivio del Moderno, USI

Le “invenzioni di tante opere”. Domenico Fontana (1543-1607) e i suoi cantieri

[rDomenico Fontana, palazzo Nuovo in Vaticano, Romaicerca]
Il progetto FNS Agora, incentrato sulla figura dell’architetto ticinese Domenico Fontana (Melide 1543-Napoli 1607), i suoi cantieri prestigiosissimi e le loro maestranze, si rivolge a un pubblico di non specialisti (lay people) ed è pensato per gli studenti della scuola secondaria e per un pubblico più specifico di architetti, ingegneri, designer, artisti, tecnici edili, studenti delle facoltà di architettura, delle scuole professionali edili e di belle arti. Apriremo un dialogo con i diversi pubblici integrando mezzi di comunicazione tradizionali e partecipativi: una mostra interattiva che si terrà, nell’ottobre 2022, presso la Pinacoteca Cantonale Giovanni Züst di Rancate e una piattaforma di archiviazione digitale partecipata che da un lato consentirà l’accesso ai contenuti dell’esposizione e dall’altro si arricchirà, attraverso i contenuti generati dagli utenti e pratiche di crowdsourcing, di testimonianze e documenti dando spessore a una narrazione “dal basso”. Una narrazione che verrà costruendo un “common ground”, costituito da un intreccio sinergico tra ricerca storica e Public History. Il fine è di poter contribuire, con il coinvolgimento dei cittadini e delle comunità locali e professionali, a una Digital Public History; provocare, al tempo stesso, un corto circuito tra innovazione e tradizione nel riconnettere il passato e il presente delle pratiche professionali, positivo per un rilancio delle risorse territoriali attraverso modalità produttive virtuose. L’allestimento espositivo è affidato all’Atelier Blumer dell’Accademia di architettura di Mendrisio.
Il progetto vuole comunicare al pubblico generalista gli esiti del progetto di ricerca FNS “L'impresa Fontana tra XVI e XVII secolo: modalità operative, tecniche e ruolo delle maestranze” (n. 100016_150268/1, 2014-2017).
Si potrà scoprire l’impresa di Domenico Fontana e dei suoi fratelli, Giovanni, Marsilio e Santino, nel vivere in realtà immersiva l’esperienza di un cantiere cinquecentesco con la sua strutturale interdisciplinarità, le soluzioni ingegnose e le tante professionalità coinvolte per il raggiungimento di un esito corale. La mostra propone un percorso intrecciato di opere originali del XVI secolo e installazioni virtuali in grado di far vivere il lavoro nei cantieri fontaniani, testimonianza dell’evoluzione tecnologica in atto, e di offrire la restituzione di questi spazi, consentendo la visita virtuale di edifici storici solitamente inaccessibili. La mostra offre come un’esperienza plurisensoriale, personalizzata e on demand, in cui si approfondirà la conoscenza di un territorio (il Cantone TicIino) e di una vicenda storica che hanno contribuito alla storia europea, assumendo il ruolo avuto da questo architetto e le sue maestranze alla costruzione di monumenti insigni a Roma, Napoli, Amalfi e Salerno.
La comunicazione progettuale si basa su un naturale approccio multistakeholder: utilizza in modo strutturato le capacità di networking e impiega in modo mirato iniziative di marketing e pubblicità. Il progetto s’inscrive nelle attività dedicate al “terzo mandato” dell’Università della Svizzera italiana e rientra nelle finalità dell’Archivio del Moderno.

Responsabili del progetto
Richiedente principale: Letizia Tedeschi, Archivio del Moderno, USI
Co-richiedente, Nicola Navone, Archivio del Moderno, USI

Partners del progetto
Barbara Jatta, Musei Vaticani
Mariangela Agliati, Pinacoteca Cantonale Giovanni Züst, Rancate



Milan and Ticino (1796-1848). Shaping the Spaciality of a European Capital

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Il progetto si propone di analizzare l’evoluzione di Milano e del Ticino grazie a una cooperazione internazionale e un taglio interdisciplinare. Lo studio delle trasformazioni fisiche della città e dei relativi progetti architettonici si basa su un approccio trasversale implicante gli aspetti che contribuirono alla formazione della peculiare spazialità urbana, dai mutamenti giuridici alle politiche editoriali, dall’opinione pubblica al pensiero politico. La ricerca, pertanto, si focalizza sulla spazialità urbana – una realtà fisica e culturale – proposta dall’esempio di Milano, del suo territorio e del Cantone Ticino, nella prima metà del XIX secolo: un caso di studio che permette di costruire un modello sofisticato di ibridazione, in cui le trasformazioni fisiche, architettoniche e urbanistiche, i cambiamenti culturali e giuridici furono determinati dalla dominazione prima di Parigi, poi di Vienna, senza interrompere la continuità di pratiche e tradizioni proprie dei territori di lingua italiana – italiani e svizzeri – che costituirono la sua area d’influenza. Seguendo un’ipotesi principale che definisce la spazialità come una realtà sia fisica che culturale, questa ricerca intreccia dunque in una prospettiva interdisciplinare metodi specifici della storia del diritto, della storia culturale e della storia dell’architettura.
Il periodo in esame, dal 1796 al 1848, corrisponde al momento in cui Milano assunse lo status di capitale, prima “francese”, poi, a partire dal 1815, “austriaca” con il Regno Lombardo-Veneto. Questo cambiamento storico, che determinò le trasformazioni fisiche e culturali della città, vide anche il Cantone Ticino acquisire un’identità politica sotto egida francese. Si assistette allora, a Milano, all’affermazione di una politica culturale che investì e trasformò lo spazio fisico e intellettuale in un laboratorio della modernità per l’insieme dei territori di lingua italiana, un laboratorio che portò in Ticino a riflettere sulla propria specificità all’interno della Confederazione elvetica. Per questo Milano si propone come un modello di studio alternativo a quello delle capitali nazionali; promotore di un’idea di spazialità immaginaria e una costruzione di una spazialità vissuta come prodotto di un processo simbolico e sociale coerente con le dimensioni fisiche, intellettuali, culturali e politiche, e economico-sociali della città.
Obiettivo del progetto è sviluppare, a partire dal caso milanese, dialogante con il limitrofo Ticino, un metodo e degli strumenti validi per affrontare tramite la definizione di un modello di ricerca innovativo, lo studio di altre città europee in merito a cui si possano rivendicare le caratteristiche e i valori di una centralità relativa all’interno di un sistema territoriale tanto complesso quanto particolare.
Il Progetto è finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica (FNS-Sinergia n. 177286), dalla durata quadriennale 2018-2022.

Richiedente principale
Letizia Tedeschi, Archivio del Moderno, USI
Segreteria
Serena Quagliaroli, Archivio del Moderno, USI
Durata 2018-
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L’architettura nel Cantone Ticino, 1945-1980

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Tra il 1945 e il 1980 l’architettura nel Cantone Ticino vive un momento di particolare fervore, che condurrà a un sempre più ampio riconoscimento, in Svizzera e all’estero, dei suoi principali protagonisti. Tale periodo è stato oggetto, in passato, di un diffuso interesse critico sostanziatosi in saggi e volumi che tuttavia hanno assunto la forma di rassegne di opere e progetti oppure hanno rivolto la loro attenzione a una cerchia ristretta di personalità, non di rado trascurando le sfumature, le differenze o i contrasti delle diverse posizioni. Questa circostanza ha fatto sì, da un lato, che alcuni protagonisti di quella stagione cadessero in una sorta di oblio storiografico, e dall’altro che prevalessero schemi storiografici riduttivi (come la dicotomia caricaturale tra “razionale” e “organico”) e dunque inadeguati a restituire la ricchezza delle esperienze e delle ricerche allora in atto.
Il progetto si propone di considerare l’architettura nel Cantone Ticino da una prospettiva quanto più ampia possibile, situandola nel contesto europeo e internazionale per mettere in luce i diversi modelli di riferimento che orientavano gli architetti, le modalità con cui questi modelli furono assunti, rielaborati, amalgamati o distorti, e l’originalità dei singoli apporti: il tutto al fine di scrivere una storia dell’architettura nel Ticino nel periodo individuato. Per conseguire questo obiettivo, l’indagine sarà focalizzata, prima ancora che sulle opere, sulla loro genesi, avvalendosi principalmente di strumenti critici quali l’analisi intertestuale e l’analisi genetica, applicate a una vasta serie di casi di studio trascelti all’interno di categorie tipologiche quali la casa unifamiliare, le abitazioni collettive, gli edifici scolastici e per il tempo libero, gli edifici per il lavoro, gli edifici per la cultura, le opere infrastrutturali. In questo modo ci si propone di conseguire, da una prospettiva storica e attraverso un’indagine analitica, una conoscenza più vasta e profonda di un periodo particolarmente fecondo dell’architettura nel Cantone Ticino, che continua a sollecitare la nostra attenzione critica e a fornire paradigmi validi anche per l’attuale pratica architettonica.
Il progetto di ricerca è finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica - FNS (n. 100016_166074/1).
La direzione scientifica del progetto è di Nicola Navone, e si avvale, della collaborazione di Serena Maffioletti, Università IUAV di Venezia.

Responsabile del progetto
Nicola Navone
Ricercatori post-doc FNS
Alberto Franchini
Ilaria Giannetti
Matteo Iannello
Orietta Lanzarini
Durata 2017-
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The architecture of “Moskovskij stil’Ampir” in the recostruction of Moscow (1813-1843)

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Alla luce della più recente letteratura, che ha modificato le conoscenze e le valutazioni sull’architettura di epoca napoleonica e post-napoleonica e che si va interrogando sulla nozione di “style Empire”, il progetto intende apportare un contributo critico in merito all’architettura che caratterizza la ricostruzione di Mosca, dopo l’incendio del 1812, in cui circa tre quarti della città venne distrutta o pesantemente danneggiata. Si intende affrontare questa ricostruzione e le sue architetture in chiave linguistica per identificare le modalità di costruzione di un inedito linguaggio. Lo scopo è quello di andare oltre gli inventari e i repertori esibiti dalla precedente storiografia, oltre il dibattito ermeneutico trascorso nel tentativo di cogliere tutti gli elementi che cambiano il volto e la vita stessa di Mosca.
In quest’ottica, si andranno ad affrontare quesiti come: si è di fronte a una particolare importazione di un internazionale “style Empire” a Mosca? O piuttosto di un autoctono “Moskovskij stil’Ampir”? Quali punti di riferimento sono stati considerati in relazione al lessico architettonico di San Pietroburgo, come di altre capitali quali Parigi, Londra, Vienna, Milano o Roma? Quali contaminazioni o ibridazioni di differenti lessici corrispondenti a tradizioni culturali autoctone o, all’opposto, a modelli di importazione o imposti dall’alto, si sono verificate? E in qual senso esse possono dirsi architetture rappresentative? Qual è il possibile legame politico, amministrativo e sociale, oltre che culturale e architettonico rilasciato da questo costruito? E ancora, secondo quale dialettica storica, quali prospettive presenti e future, si progetta e si edifica a Mosca dopo il 1812 in un linguaggio classicista e quali ricadute immediate ciò comporta? Il progetto è finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica-FNS e dal Russian Foundation for Humanities RFH (n. IZLRZ1_164062, durata triennale).

Partner della ricerca: MARCHI - Istituto di Architettura di Mosca; in collaborazione con Museo Statale di Architettura Scusev di Mosca; Osservatorio Quarenghi, Bergamo.
Partner del convegno: Centre André Chastel, Parigi; HiCSA, Université Paris I Panthéon-Sorbonne.
Responsabili del progetto
Letizia Tedeschi e Julija G. Klimenko
Ricercatori post-doc FNS
Guillaume Nicoud
Federica Rossi
Ricercatore AdM
Renzo Iacobucci
Riccardo Bergossi
Durata 2016-

Elaborazione e diffusione di “modelli uniformati” tra Impero francese e austriaco. Pietro Nobile e la cultura architettonica in epoca asburgica

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Il progetto si propone di investigare e portare alla luce, la fitta rete di trame all’origine di “stili” legati ad una cultura architettonica e artistica assonante, pur nel rispetto delle differenze culturali e territoriali relative a ogni singola regione, parte di un complesso scenario sovranazionale, da Parigi a Vienna, epicentri nella definizione di tali “modelli uniformati”, a Milano, Venezia, Trieste, Cracovia, Lubiana, Klagenfurt, Parma e Modena, ma anche a realtà urbane e territoriali asburgiche della Cechia, Ungheria, Slovacchia, Slovenia, Croazia, e di parte della Romania, Polonia, Ucraina.
Gli orientamenti del progetto si possono riassumere nei seguenti punti: il superamento di un abusato paradigma che contrappone l’epopea napoleonica e il suo epilogo, l’Empire, alla Restaurazione, attraverso cui si tenta di proporre una interpretazione in grado di cogliere, in riferimento a una articolata area geo-storica, l’eredità dei lumi e della stagione napoleonica in ciò che segue il 1815, con la costituzione di nuove realtà istituzionali, culturali, artistiche e architettoniche, sociali e politiche, proponenti mutati scenari urbani, fondamento delle città moderne.
Il progettato e il costruito, se affrontato nell’ottica considerata, può testimoniare – per singole realtà come per identità istituzionali, dall’attività di un architetto a quella formativa di accademie o regolatrice di commissioni di ornato, dagli allestimenti e scenografie teatrali agli ornamenti e ai decori urbani, od altro ancora – attraverso un ventaglio sufficientemente ampio e diversificato di casi, la ricchezza e la complessità dei “modelli” elaborati, consentendone una più stringente analisi e concorrendo altresì a delinearne la portata europea. La messa a fuoco di “modelli uniformati” esplicitati da differenti attori, e l’esame critico della loro genesi, può portare a una più consapevole valutazione critica degli esiti di tale fenomenologia artistico-culturale. In questa prospettiva, la figura dell’architetto ticinese Pietro Nobile può offrire un terreno ideale per la verifica del processo di elaborazione stilistica che è il focus del progetto. La ricerca avrà come esiti la pubblicazione di un volume su tale tema e un volume monografico dedicato all’architetto ticinese.

Partner: Università IUAV, Venezia-Dipartimento di Architettura Costruzione Conservazione; Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia.
Partner del convegno: Scuola dottorale interateneo in Storia delle arti, Venezia; Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia, Trieste, in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini di Venezia e l’Istituto Storico Austriaco di Roma.
Responsabili del progetto
Letizia Tedeschi, Rossella Fabiani e Guido Zucconi
Durata 2015-

L’architettura e le arti 1945-1968. Paragoni e intertesti

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Lo studio si propone di portare alla luce la complessità insita nella nozione di “sintesi delle arti” quale si è venuta delineando in Europa e in America negli anni 1945-1968, per definirne i caratteri peculiari, gli ormeggi teorici, e per rintracciarne assonanze e differenze. Appena conclusa la Seconda guerra mondiale, architetti, artisti, operatori visuali attivi nelle più diverse forme d’arte e la stessa critica di riferimento, si fanno promotori di una nuova collaborazione che incide sul loro operare a livello di programmi, di pratiche, di contenuti e di linguaggi. La “sintesi delle arti” ha non poco occultato fenomeni, ricerche, esperimenti e manifestazioni che ne sono stati, ad un tempo, la premessa e il fondamento, e che possiamo designare comprensivamente con il termine “intertestualità”. Si tratta di relazioni intertestuali a tal punto connaturate alle strategie creative, alle consuetudini di pensiero e alle tecniche di lavoro delle diverse produzioni artistiche che gli addetti ai lavori faticano a riconoscere negli altri media e che temono addirittura di riconoscere, presi come sono da vertigini ontologiche.

Partner: Institute for Advanced Study, Princeton University; Istituto Svizzero di Roma; American Academy di Roma; Museo Cantonale d’Arte di Lugano.
Responsabili del progetto
Bruno Reichlin e Letizia Tedeschi
Durata 2012-


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